sabato 23 febbraio 2008

Uno Nessuno e Centomila


Le maschere della realtà portate in scena: Uno nessuno e centomila è una delle opere teatrali più belle e affascinanti del panorama pirandelliano. Gli attori si alternano sul palco con monologhi, stornelli, dialoghi, incentrati sull'essere e sull'apparire. Ognuno sonda il proprio io rapportandolo a quello degli altri mentre il pubblico segue i continui passaggi fungendo da specchio retrovisore di scena. La trama ricalca molto le principali opere di Pirandello ma sono presenti alcuni elementi inediti che la rendono unica. Vitangelo si accorge che la prospettiva con la quale si era da sempre riconosciuto è diversa da quella con cui lo vedono gli altri: la moglie, l'amico, l'amante, il cognato lo guardano sotto una luce diversa e distinta che rinnega in modo sistematico. Tutto comincia quando il protagonista guardandosi allo specchio nota di avere il naso che gli pende verso destra: lo specchio diventa così rivelatore di immagini inedite e rappresentazione di quello che ognuno interpreta come vuole. Ognuno vede l'altro in modo "unico e personale" portandolo ad indossare una maschera reale, ma invisibile, che cambia a seconda della prospettiva di chi la mette. Così ogni persona sdoppiandosi in centomila unità non si riconosce più come unico e perde ogni contatto con la sua immagine. Eppure anche nella vita reale è così: a seconda delle situazioni e delle persone cui ci rapportiamo indossiamo maschere diverse, rendendo multipla la nostra essenza e proiettando noi stessi nella prospettiva dell'altro. E più cerchiamo di ritrovare noi stessi, più ci sentiamo diversi e frammentati, come uno specchio che va in frantumi. Questo conduce addirittura ad annullare la propria identità e ci sentiamo vuoti, privi di pensieri e d'intenti..e quindi "nessuno". Anche volendo quindi non possiamo sottrarci al gioco delle parti: l'unico modo sarebbe distruggere noi stessi e le maschere che indossiamo arrivando ad annullare la nostra essenza. Ma qui saremmo al limite della follia.
L'esperienza del teatro è molto "particolare" perche è in bilico tra realtà e finzione e ti proietta in un mondo "insolito" dove oltre agli attori anche il pubblico è partecipe..credo che la ripeterò ancora.

7 commenti:

  1. Sottoscrivo...ma...che abilità nella critica..complimenti!
    un bacio,
    Laura.

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  2. Grazie Laura.."la critica" dopotutto deriva da krisis..;-)

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  3. Ciao steve, io sn tendenzialmente daccordo con quello che scrivi però voglio anche proporti la mia idea.Secondo il mio punto di vista si potrebbe cercare di costruire il nostro io attraverso l'io che ognuno ha di noi... e così non si sfiorerebbe la follia, perchè ogni giorno ed ogni nuova persona ci conserntirebbero di scoprire continuamente un piccolo lato della nostra personalità che, a differenza di quello che qualche cocciuto ed ottuso afferma, non è statica ed immutabile ma in continuo divenire. Sarebbe come raccogliere pezzi di noi all'infinito e ciò rispecchierebbe prorio il nostro io che muta e si rivoluziona in continuazione.
    Bha! Poi, steve dixit, "NUNN O' SACCIO". ciaooooo.

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  4. E' giusto..condivido pienamente. Credo infatti che ognuno di noi si arricchisce confrontandosi con gli altri e più lo fa più scopre qualcosa di se stesso...Senza un termine di paragone si montano "realtà" fittizie che crediamo uniche, ma che invece sono "frammenti" di un unico immenso specchio. Non mi dilungo (o meglio non la tiro a luongo..eheh) Thanks for your opinion..Enzo!! ;-)

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  5. Ottima critica,scritta con grande sensibilità :-)
    leggendolo ho pensato "al palcoscenico"(quello della vita..)in

    Pirandello...e cioè al soggetto osservato(ad esempio Steve così come è

    visto da ogni singola persona) e del "soggetto osservante"(quello che

    noi intendiamo propriamente come il nostro io).Penso che quello che

    spaventa molto è come appariamo agli altri(il soggetto

    osservato),quello che ha influenza su di noi sono le altre

    persone,perche definiscono "la forma della nostra anima".
    E' il problema della maschera pirandeliana,del sogetto costretto a

    vivere in una "forma" impostagli dalla società e dell'ambiente in cui

    nasce e cresce.
    Così il soggetto,indipendentemente dalla matrice originaria del suo

    animo,si trova suo malgrado ad essere osservato,e ad assumere una forma

    che in realtà non corrisponde alla nostra.Il soggetto diventa quindi un personaggio in balia della parte che sta recitando..ed ecco quindi il palcoscenico e a come gli attori(gli esseri umani)si comportino come marionette guidate da mano invisibili,kissà forse il destino...l'uomo può realizzarsi in tante forme quante ne può assumere la realtà,solo se si trova in se stessi la forza per reagire e far cadere così la maschera,possiamo cambiare..basta volerlo...
    Akira(oggi sono più fuso del solito :-X)

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  6. E' vero Akira..non capisco perchè ci preoccupiamo tanto di come ci vedono gli altri: in fondo è qualcosa che non possiamo sapere..perchè ognuno di noi ha una precisa cognizione del suo essere e non accetterebbe una diversa "visione di sè".

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  7. Tutto vero, tutto bene, se non fosse che "Uno, nessuno e centomila" non è un'opera teatrale di Pirandello, ma un romanzo. Ragazzi, forse è meglio imparare a guardare le fonti prima di parlarne. Va benissimo essere ribelli, ma bisogna essere anche consapevoli dei materiali a cui si attinge per la nostra ribellione.

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